In questa pagina verranno pubblicate le vostre storie, gli aneddoti e qualsiasi curiosità inerente la vostra professione di caldaisti, sia essa in ambito industriale, navale, ferroviario o quant'altro, che riguardi voi direttamente o anche testimonianze storiche riportate da un parente o conoscente, magari corredate da qualche fotografia.
Vogliamo fare in modo di far conoscere ai più questa professione ormai storica, tanto importante ed attuale quanto poco conosciuta, attraverso i vostri racconti ed esperienze realmente vissute che rischiano col tempo di andar perse.
Per pubblicare la vostra storia inviate una e-mail a: info@arcc-tv.it specificando il vostro nome, luogo da dove scrivete, se volete anche una vostra foto formato fototessera ed anche il vostro permesso a far pubblicare da parte dell'Associazione Regionale Conduttori Caldaie sul suo sito quanto da voi inviato.
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La prova a caldo.
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I ricordi vanno agli anni 70, quando esisteva ancora l'A.N.C.C., ente che attraverso i suoi agenti tecnici effettuava i controlli nelle caldaie.
Allo scadere del biennio si presentò un giovane funzionario per eseguire una prova a caldo che consiste in un accurato esame del generatore in funzionamento e dei suoi accessori.
L'ingegnere volle verificare se le valvole di sicurezza della caldaia erano in grado di scaricare tutto il vapore prodotto dalla combustione al massimo, senza aumenti di pressione oltre il bollo.
Si cercò, anche attraverso il responsabile di reparto, di dissuaderlo, prospettando sbalzi di pressione nocivi per la turbina a vapore, di blocchi e disservizi per la produzione.
L'ingegnere fu irremovibile, quindi si aumentò gradualmente la combustione: le valvole di sicurezza a peso e leva con scarico all'interno dello stabile progressivamente si aprirono.
Il sibilo, vista la mancanza di cabina silente, era consistente.
L'ingegnere non era ancora convinto, e a gesti ci invitò a procedere con l'incremento della combustione, il frastuono che ne derivò era oramai al limite della sopportazione.
Si dovette sospendere la prova abbassando la pressione della caldaia per riportarla al regime normale. L'ingegnere era ancora perplesso.
Dopo alcuni minuti tutto il vapore fuoriuscito condensò e di colpo tutto il locale della centrale termoelettrica era avvolto dalla nebbia, che poi lentamente si dissolse.
A bocce ferme l'ingegnere ci confidò che insisteva nell'incrementare la combustione perchè pensava di poter vedere fisicamente il vapore uscire dalle valvole di sicurezza, oltre a sentirne il fischio.
Cosa improbabile, vista la pressione e temperatura dell'impianto! La prova a caldo comunque fu superata.
Menegaldo Walter - Breda di Piave (TV)
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La minima condensa in una turbina vapore.
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Avendo lavorato tanti anni in diverse centrali termoelettriche di media potenza, sono stato testimone delle evoluzioni tecniche che si sono susseguite,
per esempio, il controllo fiamma, l'accensione in automatico dei bruciatori, la regolazione della combustione.
I cambiamenti hanno contribuito a migliorare la gestione della C.T.E. in maniera più sicura, economica, rispettosa dell'ambiente.
Anche la conduzione di una turbina a vapore in un impianto con estrazione e condensazione è stata aggiornata.
Le prime disposizioni delle ditte costruttrici davano indicazione di mantenere in minima condensa con vuoto del 98%, la temp. di 20 ºC, evitando di ridurre la quantità di vapore, che ha anche il compito di raffreddare la turbina di bassa pressione.
Quindi se la temperatura alle culatte di scarico in minima condensa aumentava, si era gia prodotto il fenomeno della ventilazione dovuta all'alto numero di giri del rotore, che poteva provocare, si diceva, dei surriscaldamenti alle palettature e spinte anomale da dilatazione nella parte B.P.
Per contenere i costi dell'energia autoprodotta, grazie anche all'esperienze acquisite, sono state diramate nuove norme tecniche, che contemplano la possibilità in
tutta sicurezza di ridurre la quantità di vapore fino ad ottenere una temperatura di 80 ºC.
Viene ridotta quindi la quantità complessiva di vapore prodotto dalla caldaia, diminuiscono i Kw/h che si ottengono dalla sezione di bassa pressione, che come noto hanno un costo alto rispetto all'energia disponibile in Rete.
Il tutto va a beneficio del rendimento complessivo della centrale.
Menegaldo Walter - Breda di Piave (TV)
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La caldaia "che faceva il giro".
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La caldaia in questione al servizio di una Tranceria sul finire degli anni 60, era ad acqua surriscaldata, bruciava O.C. denso, equipaggiata anche di avanforno a carica manuale degli scarti di lavorazione e un ulteriore bruciatore che insufflava tranciato macinato stivato in un silos.
Forniva acqua calda a 180 ºC, 10 Ate a delle vasche per la preparazione dei tronchi da lavorare, e agli essicatoi per l'asciugatura del tranciato.
Tenicamente era un generatore completamente pieno d'acqua con un vaso di espansione chiuso, con un livello d'acqua variabile e camera d'aria pressurizzata da un compressore.
La circolazione dell'acqua surriscaldata era garantita da 2 pompe di circolazione poste sull'uscita della caldaia.
Ogni tanto anche a causa della combustione gestita manualmente si manifestava un fenomeno che noi fuochisti dicevamo "la caldaia ha fatto il giro".
Si formava vapore all'interno dei tubi, le pompe si disinnescavano, il tutto accompagnato da violenti colpi d'ariete che facevano oscillare violentemente le
tubazioni con il rischio di danni.
La produzione si fermava e occorrevano delle ore per ripristinare il servizio.
L'impianto venne modificato con l'inserzione di un corpo cilindrico posizionato convenientemente sopra la caldaia con la funzione di vaso di espansione dove il vapore si sviluppava nella parte superiore e l'acqua surriscaldata veniva prelevata e inviata al circuito.
L'impianto da quel momento funzionò in maniera corretta, perchè in ogni punto del sistema la pressione era sempre superiore alla tensione di vapore dell'acqua
alla max temperatura di esercizio.
Menegaldo Walter - Breda di Piave (TV)
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Una "BOMBA" in centrale termica.
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Metti che una domenica pomeriggio d'agosto ti ritrovi in servizio in una C.T.E. di media potenza, hai tutto sotto controllo, la macchina continua in cartiera è in produzione regolare.
Ad un tratto un colpo fortissimo ti fa saltare sulla sedia, ti giri di scatto verso la turbina a vapore da dove proviene il boato.
Esci dalla cabina silente e ti rendi conto subito che non c'è niente di anormale, assenza di rumori e vibrazioni, la turbina marcia tranquillamente.
Dovresti segnalarlo, trascriverlo nel brogliaccio, analizzi invece a freddo il fatto con il collega fidato.
Escludi nell'ordine: bang di aereo, portone che sbatte, lamiera che cade, abbiocco post-prandiale dell'operatore, colpi d'ariete sulle tubazioni.
Approffitti in seguito di una fermata e riavvio dell'impianto per controllare passo passo tutte la fasi senza riscontrare nessuna anomalia.
Il mistero finalmente si risolve quando viene fatta la revisione della turbina, tolto il semiguscio superiore, risulta evidente che manca un pezzo di nastro di bendaggio sulla penultima ruota di bassa pressione, che tiene assieme 6 palette, si è quindi staccato ( Foto 1 ) ed è andato ad incastrarsi tra due distributori sulla parte superiore ( Foto 2 ).
Tenuto conto della velocità nominale della turbina (9000 giri) si può dire che la cose sono andate bene.
Difatti quella lama di acciaio di circa 120 mm di lunghezza e 25 mm di larghezza, proiettata causa distacco, poteva causare un danno notevole.
In pratica poteva provocare "un'insalata di palette" che avrebbe posto fuori servizio la turbina a vapore per lungo tempo.
Menegaldo Walter - Breda di Piave (TV)
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Il Fuochista Novello.
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Ho praticato caldaie messe in servizio negli anni 60 destinate anche a centrali termoelettriche, con combustione ad nafta pesante, con camera di combustione in leggera depressione e quindi con tiraggio equilibrato, sprovviste di una minima protezione fiamma, senza accenditore, fiamma pilota, blocchi di nessun tipo.
Successivamente negli anni 70 con l'arrivo del gas metano gli impianti furono aggiornati, messi in servizio armadi di protezione fiamma, con tutti i blocchi possibili ed immaginabili.
Quindi la procedura al riavviamento della caldaia il lunedì mattino presto con nafta fredda era un'impresa non indifferente, bisognava accendere uno stoppaccio imbevuto di gasolio, infilarlo davanti alla testina del bruciatore, aprire la nafta!
Dopo vari tentativi si accendeva il bruciatore, al fuochista più giovane venivano imputati le mancate accensioni.
Troppa aria comburente! Poca nafta! Stoppino mal fatto!
Poi le cose si stabilizzavano, si controllava ogni tanto di lato aprendo delle portine la forma della fiamma, la stabilità.
Mi ricordo che in questa situazione il fuochista senior armeggiò sulla combustione, la fiamma divenuta instabile provocò una leggera uscita di polverino nero che mi imbratto il viso.
Ridendo si avvicinò e mi disse: Ti ho "battezzato" adesso sei un vero fuochista!!.
Menegaldo Walter - Breda di Piave (TV)
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. . . aspettiamo anche tua storia!
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